AIUTIAMO CHI…

 

Aiutiamo chi…

Quando ero piccola i miei genitori mi insegnarono che,  esser  “nata dalla parte giusta del mondo”,  mi poneva in una condizione in cui dovevo apprendere ad essere caritatevole con chi era meno fortunato. Fu così che imparai,  sin da bambina, soprattutto grazie all’esempio dei miei genitori,  che donare era molto più importante che ricevere.

Dapprima furono i vestitini, ancora pari al nuovo, quelli che non mi andavano più: io ero una che cresceva alla velocità della luce! Ricordo ancora il giorno che diedi via il mio abito preferito, quello blu china con stampati i personaggi di Tom e Jerry che si rincorrevano tutto intorno alla gonna. Quel giorno mi venne il magone ma rammento soprattutto che quando vidi gli occhi spalancati e il sorriso di Ada, la figlia di “mamma Ina” colei che ci aiutava in casa, la sensazione svanì all’istante per lasciare in me un senso di gioia infinito. Tornando a casa,  dissi a mamma che Ada avrebbe amato quel vestito tanto quanto lo avevo amato io: e così fu. Glielo vidi addosso in più occasioni e lo indossava sempre pavoneggiandosi un pochino lisciando le pieghe della gonna a ruota e lo faceva sorridendo felice.

Negli anni, ormai ragazzina, sovente il sabato mattina, papà mi portava con lui al Cottolengo di Torino poichè seguiva,  pro bono,  i lavori di progettazione e restauro di un’ala.  Fu in una di quelle visite che la mia vita ebbe una svolta. L’istituto si occupava (e si occupa) di dare assistenza alle persone con disabilità fisiche e mentali, ai senza famiglia ma soprattutto, a quelli che, il crudele immaginario della gente chiamava “i mostri”.

Fu in una mattinata di fine agosto, nei giardini di quella immensa cittadella, che appare dietro al portone d’ingresso, che l’allora monsignor Ballestrero, chiese a mio papà se desiderasse incontrare alcune persone che vivevano nell’ala chiamata “Santi innocenti”. Avevo 13 anni, lo ricordo ancora con lucidità. Ci trovammo di fronte a persone con deformità spaventose. Tra queste c’era un giovane uomo che, come tutti gli altri, era stato abbandonato alla nascita.

Durante il giorno viveva “appeso” dentro una sorta di sacco che le suore avevano cucito apposta per lui in quanto non aveva gli arti ma neppure il collo e il suo tronco era più piccolo della testa. Monsignor Ballestrero si fermò di fronte a lui e disse a mio papà che Francesco, questo era il suo nome, parlava correttamente 4 lingue tra le quali il latino ma che mai nessuno gliele aveva insegnate. Mio papà gli chiese se desiderasse conversare in francese, spagnolo o inglese, lingue che lui conosceva bene ed a quel ragazzo si illuminarono gli occhi. Ci fermammo un po’ di tempo con lui che pareva piuttosto divertito “nel duellare” con papà passando da una lingua all’altra. Fu incredibile, indimenticabile.

Nel tempo non tornai più al Cottolengo. Tra gli studi, il lavoro, gli spostamenti vari, dovetti operare una scelta e decidere a chi dedicarmi. Sono stata 35 anni volontaria in Croce Rossa dei quali, circa 10 trascorsi anche tra protezione civile e nucleo NBCR (del quale faccio ancora parte), ma il mio grande amore, quello che trovo ogni volta struggente, è stato occuparmi degli homeless. Ho incontrato personaggi che hanno scelto di vivere la strada spogliandosi di tutto; avvocati, medici, ingegneri. É un mondo che molti neppure immaginano!

Molti credono che essere homeless significhi essere ubriaconi, drogati, sbandati ma non è sempre vero. Ci sono persone insofferenti che ad un certo punto della loro vita scelgono di rendersi invisibili: questo è, sono invisibili agli occhi dei più ma non certo ai miei.

Ecco perchè, in questi giorni sono arrabbiata e sconcertata leggendo la vicenda di una donna che vive  all’estero e che continua a chiedere  soldi per trovare casa, pagare studi ai figli, vivere, quando  solo guardando all’albo pretorio (peraltro pubblico) si scopre che ha ricevuto oltre 71.500€ solo per spese di alloggio in tre anni: oltre 28.000€ annui di contributo solamente per l’affitto! Mi indigna che ci sia chi, nei commenti, le scrive che malgrado arrivi a stento a fine mese, le manderà 5€.

La carità, così come gli aiuti, vanno dati a chi ne ha veramente bisogno e come scrisse un paio di mesi fa  una famosa giornalista,  “nel 2022 ci si deve documentare prima di elargire denaro nelle collette”. Aiutiamo chi ha realmente bisogno.

Caritas Christi urget nos!  Questo c’è scritto fuori dal portone della Piccola casa della divina provvidenza e se questa terra c’è  spazio per gli imbroglioni, il regno dei cieli presenterà il conto anche a questi ultimi!

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Pubblicato da GMS .

" La miglior vendetta? La felicità! Non c'e niente che faccia impazzire i mediocri più che il vederti felice." Alda Merini Io ho scelto di essere felice!

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